Assistiti anche a casa

08 settembre 2006
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Si può rimandare la mortalità dei soggetti anziani attraverso visite domiciliari preventive? E' la domanda che si sono posti dei ricercatori svedesi, che hanno realizzato sul tema una ricerca pubblicata su BMC Public Health. La risposta è affermativa e apre ad altre ricerche analoghe in altri contesti sanitari. Del resto si tratta di una situazione di cui farsi carico, considerando che il numero di anziani nel mondo va crescendo. Nel 2002 c'erano all'incirca 440 milioni di persone oltre i 65 anni (7,1%) e nei prossimi 25 anni il numero di ultrasessantacinquenni è destinato a raddoppiare. Nei paesi meno sviluppati il problema è ancora più evidente. L'invecchiamento generale della popolazione porta con se un'aumentata prevalenza di malattie e un'aumentata richiesta di risorse sanitarie assistenziali. Come affrontare il problema? I metodi tradizionali contemplano screening generalizzati, programmi di check up e training fisico e sono stati attivati da molti paesi europei. Ma un'altra carta da giocare è quella dei programmi di visite domiciliari, ossia secondo la definizione "visite a persone anziane, indipendenti mirate a una valutazione multidimensionale medica, funzionale, psicosociale e ambientale dei loro problemi e delle loro risorse. Lo scopo auspicato è quello di fare adeguate raccomandazioni e suggerimenti finalizzati a ridurre gli eventuali problemi esistenti e a prevenire quelli nuovi. Quello svedese non è il primo studio a tentare questo approccio, altri, in particolare nel nord Europa, particolarmente sensibile al tema, ci hanno provato, arrivando a risultati contrastanti. I dubbi riguardano in particolare l'efficacia del metodo su una popolazione di anziani a rischio. Ma gli studi a oggi effettuati sono troppo eterogenei. Esistono comunque stati come l'Australia e la Danimarca che hanno istituzionalizzato questo tipo di intervento e la Svezia per non essere da meno ha sponsorizzato indagini conoscitive sul campo. Lo studio in questione ne è il risultato.

Lo studio svedese


Lo studio si è svolto in una piccola comunità del nord della Svezia. I partecipanti sono stati pensionati sani a partire dai 75 anni. Di questi 196 sono stati selezionati come gruppo intervento e 346 come gruppo controllo. L'intervento, due visite all'anno, è durato due anni, dal 2000 al 2001. Un team formato da un'infermiera e dal medico responsabile aveva in "gestione" un certo numero di pensionati. Le visite sono durate da 1 ora e mezza a tre ore, secondo un programma strutturato che contemplava sia la raccolta di varie informazioni (dall'attività fisica alla dieta, alle eventuali patologie), sia la compilazione di un questionario di autovalutazione. Al termine della visita erano previste le raccomandazioni del caso all'anziano, con, nei casi più gravi il consiglio di consultare lo specialista ad hoc. I risultati? Nell'intervallo considerato la mortalità è stata di 27 casi su 1000 nel gruppo intervento e di 48 su 1000 in quello controllo. Un segnale evidente che la mortalità è influenzata dalle visite domiciliari preventive. I benefici riguardano indistintamente uomini e donne, con risultati lievemente migliori per le donne. I risultati migliori sono stati quelli dei "single" e in più un fatto è accertato, i risultati positivi permangono fintanto che dura il programma di assistenza. Gli anziani coinvolti parlano di senso di sicurezza, di importanza nonché di una sensazione di maggiore consapevolezza della propria salute sull'onda delle visite domiciliari. Il risultato è inequivocabile, ma i fattori contestuali, concludono i ricercatori, sono così importanti .che è difficile trarne raccomandazioni generali. Sperimentazioni analoghe però sono auspicabili, anche al di fuori del contesto svedese.

Marco Malagutti



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