Il segreto è il condimento

27 febbraio 2009
Aggiornamenti e focus

Il segreto è il condimento



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Esistono evidenze, sulla base di dati epidemiologici, che le popolazioni che vivono nelle zone affacciate sul bacino Mediterraneo hanno una maggiore aspettativa di vita e un basso rischio cardiovascolare rispetto ad altre regioni del mondo. Un sospetto sollevato anche da uno studio avviato alla fine degli anni '50, che aveva notato che la malattia cardiaca coronarica non era il maggior indicatore di mortalità tra gli uomini che vivevano nell'isola di Creta. Infatti, se sull'isola i casi di infarto, fatali e non, si presentavano con una prevalenza di 26 ogni 10mila abitanti nel Nord della Finlandia erano 1074.

Una dieta salvavita


Più volte, nei decenni successivi si è invocata una relazione tra la dieta adottata in queste regioni e il basso tasso di malattie cardiovascolari, ma al di là del buon senso e di piccoli studi non erano disponibili numeri statisticamente importanti. Il Nurses' Health Study, come per altri tipi di osservazioni, ha offerto questa opportunità: dato il grande campione di popolazione incluso ha permesso di selezionare quasi 75 mila donne tra i 38 e i 63 anni, senza patologie cardiache né diabete seguite dal 1984 al 2004. Per sei volte nel corso dei 20 anni è stato fornito loro un questionario che raccoglieva informazioni sull'aderenza a una dieta che comprendesse verdure (escluse le patate), frutta e noci, legumi, cereali integrali, pesce. In parallelo sono stati monitorati i nuovi casi di malattia cardiaca coronarica, di ictus e patologie cardiovascolari fatali, considerando anche i fattori di rischio cardiovascolari, per evitare effetti confondenti. In totale sono stati registrati, rispettivamente, 2391, 1763 e 1077 nuovi casi. Tuttavia i casi incidenti si concentravano per lo più nella fascia di donne che avevano totalizzato un punteggio piuttosto basso con i questionari sull'alimentazione, mentre le donne con i punteggi più alti mostravano i rischi più bassi: rischio relativo di 0,71 per patologie coronariche e di 0,87 per l'ictus. Secondo gli autori, il rischio di morire per un evento o una patologia cardiovascolare, diminuiva nel 39% e in generale si osservava un calo delle probabilità di eventi pari a quello associato all'uso di statine (farmaci ipocolesterolemizzanti).

Un tesoro verde


I ricercatori americani hanno mostrato parecchio interesse per l'approccio alla dieta tipicamente mediterranea, in particolare per i grassi usati per condire, nella fattispecie olio di oliva, stupiti del fatto che si usasse in tavola per intingere il pane, al posto del burro o di altri grassi onnipresenti sulle tavole americane. L'olio di oliva, infatti, oltre ad avere un basso tenore di acidi grassi saturi, è la fonte principale di acidi grassi monoinsaturi (MUFA), in particolare di acido oleico, noti per il loro forte effetto antiaterosclerotico pari a quello riscontrato per i PUFA, i cosiddetti grassi omega-3. L'acido oleico ha dimostrato di avere una capacità preventiva sulla formazione di ateromi, ispessimenti interni al vaso che nel tempo ostruiscono il lume fino a formare trombi. Inoltre, in un regime dietetico ricco di MUFA, anche le proteine LDL, importanti per il trasporto del colesterolo, sono meno suscettibili all'ossidazione. Il consumo di acido oleico abbassa anche la sensibilità delle piastrine e il processo di aggregazione, riduce i livelli del fattore VII di coagulazione e aumenta la fibrinolisi. Infine, nell'olio d'oliva sono presenti, in quantità minori, i polifenoli che possiedono una forte attività antiossidante: interferiscono con la catena di reazioni avviate e supportate dai radicali liberi impedendo danni alle molecole biologiche. Gli autori delle ricerche, in genere americani, suggeriscono vivamente di adottare questo tipo di dieta facendo notare che non è difficile da seguire dal momento che è sufficiente modificare la qualità e non le quantità. Ancor più facile per chi, con certi alimenti, ha familiarità fin dalla nascita.

Simona Zazzetta



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