Occlusioni quanto basta

21 settembre 2007
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Occlusioni quanto basta



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Un occhio in via di sviluppo come quello dei bambini è molto sensibile a una qualsiasi interferenza che ne ostacola la corretta funzionalità, come strabismo o una visione offuscata. Se ciò accade nella fase precedente i sette anni la conseguenza più probabile è lo sviluppo dell'ambliopia, una riduzione della capacità visiva nota anche come occhio pigro, che aumenta, nel corso della vita, il rischio di grave perdita della vista dell'altro occhio. Si è sempre in tempo per intervenire ma, come sempre, prima lo si fa e meglio è.

Bende a carico


Il trattamento viaggia su due strumenti: occhiali correttivi del difetto di refrazione e occlusione con bende appropriate dell'occhio sano. Difficile attribuire il miglioramento a uno dei due fattori, di certo quello legato alla correzione con le lenti è più lento nel tempo. Altro elemento su cui c'è poca chiarezza è la durata dell'occlusione. Un aspetto importante, dal momento che l'applicazione corretta della benda è un carico considerevole per il bambino e per la famiglia: la pelle del bambino si può irritare, l'uso forzato di un occhio che non vede bene non offre certo una visione ottimale, l'aspetto estetico ne può risentire. E' evidente che la durata del trattamento ha un suo peso, gli specialisti americani fanno riferimento a due periodi, uno minimo di sei ore al giorno e uno massimo di 12 ore al giorno. Per uscire da questo dubbio non sono stati sufficienti gli studi che hanno promosso il dosaggio minimo, e molti specialisti statunitensi sono rimasti fedeli a metodi tradizionali orientati sulla dose massiccia di ore di occlusione. E una delle obiezioni era metodologica: non c'erano monitoraggi oggettivi per misurare la "quantità" di occlusione somministrata.

Quantità minima qualità alta


Alcuni ricercatori hanno avuto questa presunzione sviluppando un dispositivo che, grazie a due elettrodi applicati sulla superficie interna della benda, registrava quanto tempo la benda rimaneva sull'occhio. Il metodo è stato testato su 80 bambini per i quali era necessario ricorrere all'occlusione, metà di loro per sei ore al giorno, gli altri per 12 ore al giorno. Come atteso, i miglioramenti ci sono stati, ma senza differenze sostanziali tra i due gruppi, in tutti i parametri considerati: acutezza visiva, ampiezza della variazione dell'acutezza, ambliopia residua. Per altro anche i tempi di occlusione misurati nei due gruppi non erano così distanti tra loro: 4,2 ore al giorno nel primo e 6,2 ore al giorno nel gruppo che ne avrebbe dovuto ricevere 12, a testimonianza che l'aderenza alla prescrizione era sfavorita dalla lunghezza del trattamento giornaliero. Nel secondo gruppo infatti la compliance era tre volte più variabile rispetto al primo. Sempre a supporto della breve durata, anche se la terapia andava seguita per 10 settimane, i risultati si registravano già dopo le prime sei settimane. Le differenze interessavano, piuttosto, le fasce di età. Nei bambini sotto i quattro anni, il deficit iniziava a correggersi anche a basse dosi di occlusione (0-3 ore al giorno) con qualche ulteriore miglioramento se si andava oltre le 3 ore. Per contro i bambini tra quattro e sei anni e oltre i sei anni mostravano una differenza significativa di recupero tra 0-3 ore e fino a 6 ore al giorno, mentre le cose cambiavano molto tra 3-6 ore e 6-12 ore al giorno: l'occlusione fino a 3 ore al giorno comportava un piccolo recupero del deficit.
Il dosaggio massimo crea, sostanzialmente un problema di aderenza alla prescrizione e finisce per non essere rispettato fino ad arrivare a un dosaggio più basso che corrisponde a quello minimo prescrivibile, cioè 6 ore al giorno, per ottenere l'esito migliore. Inoltre, la risposta dipende anche dall'età, sotto i quattro anni il dosaggio può rimanere molto basso oltre i sei anni le cose cambiano, ma si è sempre in tempo.

Simona Zazzetta



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