Serve un black box?

14 dicembre 2007
Aggiornamenti e focus

Serve un black box?



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Lo scorso anno un comitato consultivo della Food and Drug Administration (FDA), l'Agenzia statunitense di controllo sui farmaci, con sei voti contro due, ha raccomandato di disporre che sui foglietti degli antidepressivi sia inserito un black-box, sul rischio di suicidio che questi medicinali provocano nei giovani tra i 18 e i 24 anni. Un avvertimento, il livello massimo per medici e pazienti, che è stato rinnovato, come ricorda il New England Journal of Medicine, lo scorso 2 maggio. Nel nuovo avvertimento si ricorda come non ci siano evidenze del rischio negli adulti oltre i 24 anni e che il rischio stesso è attualmente diminuito per gli adulti over 65. Un black box, commenta la rivista, che per la prima volta asserisce come le malattie psichiatriche in sé comportino rischi e pone dei vincoli sugli stessi medicinali utilizzati per curarle. Un modo contorto per dire: è la depressione che aumenta il rischio di suicidio o sono i farmaci utilizzati? Un dubbio non nuovo, al quale il commento del New England cerca di dare una risposta. I farmaci vengono assolti, ma chi scrive oltre che ricercatore è consulente di Pfizer ed Eli Lilly. Un dato da non sottovalutare.

Quali rischi


Il potenziale rischio da antidepressivi non è nuovo. I medici, sottolinea l'editoriale, da tempo sono a conoscenza del fatto che durante le prime settimane di trattamento con antidepressivi, alcuni pazienti risultato "attivati", più agitati e questo può aumentare la probabilità di azione su preesistenti impulsi suicidi. Ma pensieri, comportamenti e sentimenti suicidi sono sintomi centrali della depressione ed è ben difficile individuare il vero responsabile tra la malattia in sé e i farmaci. Per cercare di districarsi l'FDA ha cercato di scindere le percentuali di sintomi suicidari tra i soggetti in cura con antidepressivi e quelli trattati con placebo. Il tutto considerando i risultati di una considerevole metanalisi che contempla più di 99000 partecipanti a 372 trial clinici, dietro i quali, peraltro, ci sono ben 12 compagnie farmaceutiche. Di nuovo loro. Ebbene da questo esame se i numeri dei suicidi negli adulti sono sostanzialmente simili, tra chi ha assunto l'antidepressivo e chi il placebo, le cose cambiano se si esamina la fascia d'età tra i 18 e i 24 anni. Il rischio in questo caso è infatti maggiore, sebbene non in modo significativo. E allora perché la scelta del black box, si chiede l'editoriale?

Procedura discutibile


Innanzitutto la soglia della minaccia per la sicurezza è in genere più bassa di quella per l'efficacia e i dati disponibili non forniscono sufficienti garanzie di assenza di rischio. In più l'associazione tra antidepressivi e suicidio diventa rilevante se sovrapposta alle analisi precedenti. E i dati a disposizione sono molti. D'altro canto va detto che i dati vengono da studi designati per definire l'efficacia a breve termine, non la sicurezza a lungo termine. In più il fatto che il rischio del trattamento per persona-anno sia più basso nei trial per indicazioni non psichiatriche (obesità, fumo, insonnia) potrebbe suggerire che il ruolo chiave sia svolto dalla malattia. E dettagli ulteriori per approfondire questo aspetto non sono stati esaminati dalla metanalisi dell'FDA. Ecco perché, secondo l'editoriale del New England, il nuovo warning dell'FDA è un tentativo di bilanciare il poco rischio indotto dagli antidepressivi con i loro benefici ben documentati. Ma l'effettivo beneficio del richiamo non sarebbe così evidente. Anzi il rischio è che i pazienti depressi e le loro famiglie tendano a evitare i farmaci e che gli stessi medici possano essere intimoriti. Eppure se ci possono essere controversie sul rischio indotto dagli antidepressivi, non ce ne sono affatto su quello associato alla depressione non curata.
Che fare perciò? La soluzione proposta dall'editoriale è che i medici avvisino i pazienti, sui rischi indotti dagli antidepressivi, soprattutto nel primo periodo di assunzione, e in più che li tengano d'occhio in corrispondenza delle prime 4-6 settimane di trattamento. Nel dubbio però una certa cautela male non sarebbe.

Marco Malagutti



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