05 dicembre 2008
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione
Fa male a umore e cuore
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La depressione fa male al cuore, dice da tempo la medicina che l'ha indicata come fattore di rischio per lo sviluppo di cardiopatie, di eventi coronarici nei cardiopatici, di esiti peggiori nell'insufficienza cardiaca. La compresenza di depressione e coronaropatia è un aggravamento per entrambe e d'altra parte la prima come comorbilità peggiora lo stato di salute complessivo in altre malattie croniche quali asma, diabete o artrite. Secondo una stima il 15-20% di persone infartuate risponde ai criteri della depressione maggiore. Che cosa determini l'associazione tra depressione e cardiopatia non si è però ancora chiarito, diverse le ipotesi avanzate. Invece di basarsi su quelle biochimico-fisiopatologiche, la spiegazione secondo una nuova ricerca potrebbe essere riconducibile ad aspetti comportamentali, legati ancora una volta allo stile di vita: in primis la sempre imputata inattività fisica.
I meccanismi finora proposti per spiegare l'associazione coinvolgono fattori svariati quali la minore aderenza terapeutica, un'aumentata attività dell'asse ipotalamo-ipofisi, un incremento di serotonina e attivazione piastrinica, processi infiammatori, una tossicità da antidepressivi, fattori alimentari, anche il fumo o la sedentarietà. Si è quindi condotta la nuova ricerca, uno studio prospettico su 1.017 malati di San Francisco affetti da coronaropatia stabile, valutando la presenza di sintomi depressivi mediante un apposito questionario (PHQ). Il 19,6% dei pazienti, cioè 199 soggetti, è risultato in effetti malato di depressione, trattandosi con più probabilità di individui giovani, fumatori, meno attivi fisicamente, meno aderenti alle terapia e di maggior peso corporeo, oltre che con comorbilità quali infarto miocardico, insufficienza cardiaca, diabete. Il tasso annuale di eventi cardiovascolari aggiustato per età tra i 199 con depressione era del 10% mentre quello tra i restanti 818 non depressi era del 6,7%. Dopo l'aggiustamento per le comorbilità la depressione è apparsa associata a un incremento di eventi cardiovascolari del 31%: ma l'ulteriore aggiustamento per i possibili fattori coinvolti ha attenuato l'associazione e, soprattutto, questa è diventata non significativa dopo la correzione per fattori relativi allo stile di vita, particolarmente l'inattività fisica (altri sono fumo, alimentazione non corretta, alcol). Questo sostiene l'opportunità, sottolinea l'editoriale, di uno screening regolare per la depressione nei coronaropatici come raccomandato dalle associazioni dei cardiologi e degli psichiatri americani (AHA e APA), dato l'impatto sulla patologia cardiaca, ma anche sull'aderenza terapeutica o sulla riabilitazione cardiaca. L'approccio in questa comorbilità potrebbe includere la terapia cognitivo-comportamentale, gli antidepressivi, l'attività fisica aerobica.
L'ipotesi è che l'aumentato rischio cardiaco associato alla depressione sia potenzialmente prevenibile con modificazioni dei comportamenti; gli studi su larga scala hanno documentato che l'aumento dell'esercizio diminuisce gli eventi cardiovascolari, ma non si è accertato se questo valga nella comorbilità depressione-cardiopatia, né l'eventuale migliore effetto della combinazione di antidepressivi ed esercizio. Un altro punto, ammettono gli autori, è che nello studio non si è potuto appurare se l'inattività fisica fosse la causa o il risultato della depressione: c'è infatti un'associazione bidirezionale tra i due elementi, con un circolo vizioso che li rinforza a vicenda; allo stesso modo, trattare la depressione può aumentare l'attività fisica e l'attività può migliorare l'umore. Indipendentemente però dal fatto che la sedentarietà sia la causa o il risultato dei sintomi depressivi, gli autori sottolineano che nello studio dà conto di quasi metà dell'associazione tra depressione ed eventi cardiovascolari: questo rafforza la possibilità che facendo più esercizio fisico si possa diminuire il rischio d'infarto e altri eventi associati alla presenza di depressione. Restano comunque da chiarire vari aspetti, per esempio gli effetti nel genere femminile, nelle persone sane o in individui con sindrome coronarica acuta.
Elettra Vecchia
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Coinvolti fattori dello stile di vita
I meccanismi finora proposti per spiegare l'associazione coinvolgono fattori svariati quali la minore aderenza terapeutica, un'aumentata attività dell'asse ipotalamo-ipofisi, un incremento di serotonina e attivazione piastrinica, processi infiammatori, una tossicità da antidepressivi, fattori alimentari, anche il fumo o la sedentarietà. Si è quindi condotta la nuova ricerca, uno studio prospettico su 1.017 malati di San Francisco affetti da coronaropatia stabile, valutando la presenza di sintomi depressivi mediante un apposito questionario (PHQ). Il 19,6% dei pazienti, cioè 199 soggetti, è risultato in effetti malato di depressione, trattandosi con più probabilità di individui giovani, fumatori, meno attivi fisicamente, meno aderenti alle terapia e di maggior peso corporeo, oltre che con comorbilità quali infarto miocardico, insufficienza cardiaca, diabete. Il tasso annuale di eventi cardiovascolari aggiustato per età tra i 199 con depressione era del 10% mentre quello tra i restanti 818 non depressi era del 6,7%. Dopo l'aggiustamento per le comorbilità la depressione è apparsa associata a un incremento di eventi cardiovascolari del 31%: ma l'ulteriore aggiustamento per i possibili fattori coinvolti ha attenuato l'associazione e, soprattutto, questa è diventata non significativa dopo la correzione per fattori relativi allo stile di vita, particolarmente l'inattività fisica (altri sono fumo, alimentazione non corretta, alcol). Questo sostiene l'opportunità, sottolinea l'editoriale, di uno screening regolare per la depressione nei coronaropatici come raccomandato dalle associazioni dei cardiologi e degli psichiatri americani (AHA e APA), dato l'impatto sulla patologia cardiaca, ma anche sull'aderenza terapeutica o sulla riabilitazione cardiaca. L'approccio in questa comorbilità potrebbe includere la terapia cognitivo-comportamentale, gli antidepressivi, l'attività fisica aerobica.
Un'associazione bidirezionale
L'ipotesi è che l'aumentato rischio cardiaco associato alla depressione sia potenzialmente prevenibile con modificazioni dei comportamenti; gli studi su larga scala hanno documentato che l'aumento dell'esercizio diminuisce gli eventi cardiovascolari, ma non si è accertato se questo valga nella comorbilità depressione-cardiopatia, né l'eventuale migliore effetto della combinazione di antidepressivi ed esercizio. Un altro punto, ammettono gli autori, è che nello studio non si è potuto appurare se l'inattività fisica fosse la causa o il risultato della depressione: c'è infatti un'associazione bidirezionale tra i due elementi, con un circolo vizioso che li rinforza a vicenda; allo stesso modo, trattare la depressione può aumentare l'attività fisica e l'attività può migliorare l'umore. Indipendentemente però dal fatto che la sedentarietà sia la causa o il risultato dei sintomi depressivi, gli autori sottolineano che nello studio dà conto di quasi metà dell'associazione tra depressione ed eventi cardiovascolari: questo rafforza la possibilità che facendo più esercizio fisico si possa diminuire il rischio d'infarto e altri eventi associati alla presenza di depressione. Restano comunque da chiarire vari aspetti, per esempio gli effetti nel genere femminile, nelle persone sane o in individui con sindrome coronarica acuta.
Elettra Vecchia
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