Dimagrire in sicurezza

18 luglio 2003
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Dimagrire in sicurezza



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Disinformazione, comunicazione errata, e a volte truffaldina, e un pizzico di leggerezza da parte del paziente, del medico o del farmacista, ecco un cocktail molto pericoloso che può causare gravi danni, per prima cosa sul paziente che vuole dimagrire.
Il problema torna alla ribalta con la triste storia di una signora di Legnano che per perdere i chili di troppo ha messo insieme anfetamine, diuretici e caffeina. Il risultato è stato il coma subentrato nel mese di maggio di quest'anno e un recente intervento della magistratura per chiarire le responsabilità dell'accaduto.
Con una prima analisi grossolana si può già dire che i farmaci usati avevano indicazioni diverse dalla cura dell'obesità: i diuretici non fanno dimagrire. Le anfetamine, poi non possono essere prescritte in Italia. Viene quindi da chiedersi chi ha dato indicazioni sui farmaci alla signora e chi le ha fornito il preparato galenico (preparato, cioè, in un laboratorio da farmacista).
Diverso il caso dei farmaci che nascono con questa indicazione. Lo prova il fatto che i casi di morte legati, ma non direttamente causati, alla sibutramina, siano stati chiariti e superati.

False speranze


La definizione dell'obesità come malattia è stata acquisita dalla società scientifica-sanitaria e, lentamente, anche dalla popolazione in generale. Si sta quindi formando una coscienza della necessità di curarla, ma è sul come che ancora nascono dei problemi. L'approccio non è unico o per lo meno quello che il paziente/cliente percepisce dai canali di informazione.
"Le campagne pubblicitarie - afferma Carlo Maria Rotella, dell'Unità Operativa di Endocrinologia dell'Università di Firenze -, pressoché concentrate in certi periodi dell'anno, raccontano di dimagrimenti veloci, facili e senza rinunce ma basterebbe leggere una piccola annotazione presente sulla confezione dei prodotti, in cui si indica la necessità di un regime dietetico a basso contenuto calorico, per capire che il messaggio è sbagliato, ingannevole, insomma, una truffa". Questo schema è estendibile anche ai cosiddetti centri di dimagrimento dove vengono assicurati centimetri (ma non erano chili?) in meno entro 30 giorni, seguendo programmi di attività fisica e di alimentazione.
Forse, quando i chili (o i centimetri) da smaltire non sono tanti questo può essere sufficiente, e magari anche poco pericoloso; ma nei casi di obesità, quando l'indice di massa corporea raggiunge o supera il valore 30, si entra in una zona patologica in cui solo un intervento medico specializzato può essere efficace e sicuro.

Curarsi davvero


Ma l'alternativa c'è. Rivolgersi a centri medici specializzati che operano secondo le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, è una garanzia di sicurezza e di efficacia del trattamento che gli viene proposto. L'obiettivo è sempre quello, far perdere peso (almeno il 10%) al paziente. Ma il peso raggiunto deve essere mantenuto per almeno 5 anni: "Perdere peso in poco tempo e riacquisirlo subito dopo è pericoloso almeno quanto la stessa condizione di obesità" sostiene il professor Rotella.
Nei decenni passati sono state usate, ma ben presto messe al bando, le anfetamine, la cui prescrizione in Italia è oggi fuorilegge; i farmaci attualmente autorizzati dal Ministero della Salute, come terapia dell'obesità sono la sibutramina e l'orlistat. La sibutramina è stato oggetto di una temporanea sospensione, in quanto ritenuta responsabile della morte di due pazienti, uno dei quali era cardiopatico, condizione che esclude l'uso del farmaco e l'altro aveva un forma di anemia, probabilmente non nota al medico curante. Queste evidenze e i dati di farmacovigilanza, raccolti nei molti paesi in cui milioni di pazienti assumevano il farmaco, hanno riaffermato il buon rapporto efficacia/tollerabilità determinando la revoca della sospensione.
Ma il farmaco non è tutto. "Non abbiamo la pillola magica per dimagrire - dice il professor Rotella - esistono programmi integrati che affiancano all'uso controllato di farmaci, un sostegno psicologico e una terapia cognitivo comportamentale di rieducazione del paziente. Il farmaco rappresenta un ulteriore elemento che aiuta il soggetto in sovrappeso od obeso a compiere questo percorso". L'attenzione, quindi, è spostata sul perché il paziente ha un comportamento alterato nei confronti del cibo; si agisce sull'aspetto psicologico in cui il farmaco è un sostegno, un facilitatore, perché fisiologicamente agisce a livello centrale e modifica lo stimolo e il desiderio di mangiare.

Simona Zazzetta



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