Flebite: terapia

14 settembre 2010
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Flebite: terapia



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La terapia della flebite dipende innanzitutto dal tipo di patologia considerata, si distingue infatti tra flebite superficiale, di più facile cura, e flebite profonda che potrebbe richiedere anche una breve parentesi ospedaliera. I trattamenti a cui si ricorre si propongono fondamentalmente due obiettivi: da un lato migliorare la circolazione venosa delle gambe e i sintomi collegati e, dall'altro, evitare un aggravamento e la comparsa di eventuali complicazioni.

Tromboflebiti superficiali

Le tromboflebiti superficiali possono essere suddivise in sterili e settiche. Si considera sterile quella in cui non c'è infezione in corrispondenza o in prossimità della vena interessata. Nel primo caso è opportuno l'immediato ricorso alla terapia medica antiinfiammatoria con aspirina o dipiridamolo per 4 o 5 giorni, per ridurre il dolore e l'infiammazione. Se è presente invece un processo infettivo a livello della vena interessata compaiono segni di sepsi come febbre e i segni locali di infiammazione sono più accentuati. In questo caso è necessario instaurare una antibiotico terapia. Per prevenire le complicanze della malattia venosa invece si può ricorrere a farmaci, come quelli appartenenti alla famiglia dei flavonoidi, i cosiddetti venotonici. La categoria più conosciuta è quella dei bioflavonoidi, che contengono estratti vegetali di sostanze che ai più diranno poco, come diosmina, oxerutina, rutoside ed escina. Un gruppo minore di sostanze capillaroprotettrici comprende altri estratti vegetali come la mirtillina e la centesina. I farmaci venotonici devono essere impiegati per ridurre la sensazione di gonfiore delle gambe o la tensione emorroidaria; nessuno studio clinico ha dimostrato la loro sicura efficacia nel prevenire la rottura dei capillari della pelle e la conseguente formazione di microvarici o teleangectasie meglio noto come couperose. Questi farmaci devono essere prescitti dal medico dopo una diagnosi di malattia venosa e, in ogni caso, sono quasi privi di efficacia se il paziente non rimuove contestualmente la causa della malattia (ipertensione venosa, varici, stasi venosa periferica). Molti di questi farmaci sono disponibili nelle farmacie come ''integratori dietetici'', e quindi sono acquistabili senza ricetta medica, motivo per cui hanno avuto una enorme diffusione in questi anni: inevitabilmente però l'assunzione di queste sostanze, non seguita da una terapia medica per correggere il difetto o la causa del gonfiore o della pesantezza o della presenza di capillari o di varici alle gambe, ha fatto sì che la loro efficacia si sia limitata a pochi casi, spesso anche di breve durata, nei quali semplicemente l'adozione di opportune norme igienico-comportamentali da parte del paziente avrebbe sortito il medesimo effetto.

Tromboflebiti profonde

In caso di flebite profonda la malattia deve essere trattata con farmaci anticoagulanti per prevenire l'insorgenza di una trombosi. Inizialmente viene somministrato un farmaco, l'eparina, che riduce la capacità del sangue di coagulare. Questo farmaco è somministrato o sottocute o endovena e agisce immediatamente. Nei giorni successivi l'eparina, che per varie ragioni non può essere somministrata per un periodo prolungato, è sostituita da un altro tipo di farmaci, le antivitamine K, che hanno anch'essi un effetto anticoagulante e sono somministrati per bocca, per almeno 3-6 mesi. Quando si raggiunge il livello di anticoagulazione efficace è possibile muoversi indossando una calza elastica medica. Fino a poco tempo fa, tale trattamento era possibile solo in ospedale, perchè si utilizzava un farmaco (l'eparina standard) che doveva essere iniettato per via endovenosa (fleboclisi). Questo schema terapeutico necessitava di frequenti controlli di laboratorio, allo scopo di identificare il dosaggio associato al più alto beneficio ed al più basso rischio di complicanze emorragiche. Oggi invece si sono resi disponibili farmaci che possono essere somministrati a dosi fisse, per via sottocutanea, e che non richiedono particolari controlli di laboratorio. Si tratta delle eparine a basso peso molecolare che hanno reso possibile la terapia di questa malattia al di fuori dell'ospedale, in quanto garantiscono la stessa efficacia terapeutica con un minor rischio di complicanze emorragiche rispetto alle eparine standard. A supporto di questa novità in terapia ci sono due studi pubblicati dal New England Journal of Medicine, da cui emerge che la terapia anticoagulante è in fase di progressivo ridisegnamento. Il primo è uno studio multicentrico condotto tra la Germania, la Gran Bretagna, l'Argentina e alcuni paesi dell'est in cui la reviparina, eparina a basso peso molecolare, si è confermata una valida e sicura alternativa, addirittura più efficace dell'eparina standard nel trattamento e nella prevenzione della trombosi venosa profonda. Il secondo ha valutato un pentasaccaride che appare ancora più efficace della eparina a basso peso molecolare, ma, in questo caso, siamo ancora in una fase embrionale degli studi. Le eparine frazionate comunque appaiono al momento le più facili da impiegare e riducono i costi complessivi del trattamento. Dal punto di vista dell'impiego è necessario cercare di rispettare scrupolosamente gli orari che sono stati prescritti per la somministrazione, anche se è consentita una leggera deviazione (da una mezz'ora prima a una mezz'ora dopo l'orario indicato), mentre l'iniezione si può tranquillamente fare da soli. Nei rari casi in cui la malattia decorra con febbre alta, si possono assumere farmaci antipiretici, evitando categoricamente l'aspirina, dato che l'effetto di questo farmaco può sommarsi a quello dell'eparina aumentando il rischio emorragico.



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