Insetti nel piatto, cibo del futuro: istruzioni per l’uso

26 aprile 2016
Aggiornamenti e focus

Insetti nel piatto, cibo del futuro: istruzioni per l’uso



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"Cara, stasera per cena mangiamo locuste e mosche fritte?": una richiesta strana, che potrebbe diventare realtà a breve, anche in Italia, grazie a una nuova regolamentazione che semplifica la procedura di autorizzazione dei novel food, i nuovi alimenti, tra cui anche gli insetti.
Se ne è parlato alla X edizione di Nutrimi, Forum di riferimento per la comunità di professionisti dell'alimentazione che si è tenuto a Milano lo scorso 21 e 22 aprile.

«La popolazione mondiale, che raggiungerà 9,6 miliardi di persone nel 2050, creerà una crescente domanda di proteine animali che richiederà un aumento di prodotti alimentari e mangimi» sottolinea Cristina Proserpio, dottorando di ricerca presso il Dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione, l'ambiente dell'Università degli Studi di Milano. E prosegue: «In questo contesto, molte specie di insetti possono essere considerate come candidate idonee per fornire proteine animali sostenibili».

Sono 2 miliardi le persone che in tutto il pianeta includono gli insetti nella loro alimentazione e 1.900 le specie commestibili commercializzate: per lo più coleotteri (31%), seguiti da lepidotteri (18%), api, vespe e formiche (14%); cavallette, locuste e grilli (13%); cicale (10%), termiti (3%), libellule (3%) e mosche (2%).

Il consumo di proteine derivate da insetti in sostituzione di quelle da animali ha numerosi vantaggi: innanzitutto contengono fonti proteiche di alta qualità, simili a quelle di carne e pesce. Inoltre, il loro allevamento ha un alto coefficiente di conversione nutrizionale, poiché da 2 Kg di mangime si ottiene 1 Kg di massa corporea, mentre un bovino necessita di 8 kg di cibo per produrre l'aumento di 1 kg di peso corporeo, come ricorda l'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, che ha svolto attività di consulenza scientifica sul tema dei possibili rischi alimentari legati al consumo di insetti.

«Tuttavia la non predisposizione al consumo di tali risorse in molti paesi occidentali rimane uno dei maggiori ostacoli all'adozione di insetti come fonti di proteine. Ci sono pochi esempi di piatti tradizionali a base di insetti che vengono consumati in Italia, tra questi il formaggio sardo "caso marzu"» sottolinea Proserpio.
A differenza di tanta gastronomia etnica che ha facilmente preso piede, gli insetti devono innanzitutto superare un ancestrale senso di repulsione. Sono da sempre stati i primi nemici da combattere nella salvaguardia delle derrate; per non parlare delle questione di igiene dei luoghi in cui viviamo.

«Dal punto di vista evolutivo, quando un nuovo prodotto alimentare è introdotto in una cultura induce sentimenti di paura e rifiuto. Una maggiore informazione sui benefici ecologici e nutrizionali, insieme a un'esposizione all'alimento per aumentarne la familiarità, potrebbe aumentare la predisposizione dei soggetti a introdurre un cibo nuovo nella propria dieta» conclude Proserpio.

In Italia la vendita di insetti per consumo alimentare non era mai stata autorizzata (a differenza di altri Paesi europei come Francia, Belgio e Olanda dove da tempo alcune piccole aziende sono state autorizzate a commercializzare insetti per il consumo come tali o sotto forma di farine per produrre snack, barrette o pasta), fino a novembre 2015, in cui è stata enunciata la nuova norma in materia di Novel food (in cui appunto rientra anche il consumo di insetti e le loro parti, ali, zampe e testa). Il Regolamento (Ue) 2015/2283 è in vigore dallo scorso gennaio e sarà applicabile dall'1 gennaio 2018.

La norma si caratterizza per aver introdotto una notevole semplificazione dell'iter di domanda per la commercializzazione di ingredienti e alimenti particolari. Inoltre il Regolamento prevede un accesso facilitato ai mercati europei per tutti quegli alimenti della tradizione alimentare dei paesi extra-europei.

«L'immissione sul mercato Ue di questi nuovi alimenti è subordinata a un parere dell'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, e a un'autorizzazione formale della Commissione europea dopo aver acquisito il parere degli Stati membri sulla domanda dell'operatore della catena alimentare recante le necessarie informazioni» precisa Vittorio Silano, presidente del gruppo di esperti sui materiali a contatto con alimenti, gli enzimi, gli aromatizzanti e i coadiuvanti tecnologici (Cef) dell'Efsa.
«Il parere dell'Efsa individua i potenziali rischi biologici e chimici, nonché l'allergicità ed i rischi ambientali connessi con gli insetti di allevamento. Qualora non vi siano motivate obiezioni di sicurezza si procede all'autorizzazione» conclude Silano.

Ilaria Pedretti



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