Anticoagulante gestito a casa

15 febbraio 2006
Aggiornamenti e focus

Anticoagulante gestito a casa



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Il fai da te, quando si tratta di salute, è un'arma a doppio taglio. Alcune situazioni sono decisamente pericolose, tipo l'autodiagnosi, in altre circostanze, invece, un ruolo attivo del paziente è fondamentale. Nel diabete, per cominciare, sarebbe impossibile ottenere buoni risultati, o addirittura la sopravvivenza, se la persona non fosse in grado di controllare l'andamento della terapia. Al diabete, e all'ipertensione, si aggiunge ora un'altra situazione in cui l'autotest, ed eventualmente l'intervento sul dosaggio del farmaco, possono essere d'aiuto. Si tratta della terapia con anticoagulanti orali cui si ricorre, per esempio, dopo gli interventi di sostituzione delle valvole cardiache. I farmaci impiegati, come il warfarin, hanno infatti un range terapeutico molto ristretto, vale a dire che, per essere efficace, la sostanza deve essere assunta in una certa quantità, che può variare in più o in meno, ma entro limiti ristretti. Altrimenti, se il dosaggio è troppo basso, si rischia comunque il trombo, se è troppo alto c'è il pericolo di emorragie più o meno gravi.

Un test semplice


Oggi è possibile controllare l'effetto del farmaco mediante apparecchi automatizzati che lavorano su una goccia di sangue intero: esattamente come i glucometri impiegati dai diabetici. Molti studi hanno dimostrato che i pazienti che usano questi auto-test hanno esiti migliori: meno embolie, ovviamente, ma anche meno emorragie. Oggi uno studio ha voluto riordinare questi risultati venuti in ordine sparso e vedere se complessivamente il gioco vale la candela. In totale sono stati considerati 14 ricerche controllate per un totale di oltre 3000 pazienti. In definitiva, si nota che se il paziente monitora da sé la terapia diminuisce la mortalità (del 40%), il numero delle tromboembolie (del 55%) e anche le emorragie più importanti (del 35%).

Vantaggi evidenti sulla mortalità


Se invece si considerano soltanto gli studi in cui il paziente, oltre a controllare il livello di farmaco, poteva anche aggiustare il dosaggio, la diminuzione dei trombi era ancora più netta, infatti calavano del 73%, così come quella della mortalità, ma in compenso non diminuivano le emorragie. Gli autori non avanzano ipotesi per spiegare questo aspetto, ma nel complesso promuovono la pratica del monitoraggio domiciliare, anche perché il numero dei pazienti che rimangono all'interno dei valori raccomandati per il trattamento è superiore a quello ottenibile con il controllo tradizionale, cioè recandosi al centro ospedaliero per gli esami. Però ci sono ostacoli. Per cominciare, l'automonitoraggio e l'aggiustamento della terapia richiedono che il paziente sia adeguatamente preparato e istruito, senza contare che le "strisce reattive" che si impiegano in questi casi sono costose. D'altra parte, anche i controlli tradizionali raggiungono la massima efficienza se condotti una volta la settimana, situazione che non pare né comoda né economica. Lo studio conclude suggerendo di selezionare adeguatamente i pazienti che possono essere avviati al fai da te (che comunque è oggetto della supervisione del medico), perché i vantaggi ci sono. Certo si deve studiare...

Maurizio Imperiali



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