Le statistiche sull'infarto

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Le statistiche sull'infarto



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In tutto il mondo le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte e la quinta causa di malattia. Quindi più pericolose del cancro, se si può fare una graduatoria di questo genere.
Contrariamente a quanto si possa pensare, le malattie cardiovascolari rappresentano oggi la principale causa di morte nelle donne e ogni anno muoiono per problemi cardiaci più donne che uomini. In realtà, fino all'età della menopausa la donna risulta protetta dalle malattie cardiache; dopo i 50 anni si assiste invece a un progressivo aumento dell'incidenza di tali malattie nella popolazione femminile. Dai settanta anni in poi, però, la mortalità e la morbidità (cioè il numero di malattie non fatali) cardiovascolari nei due sessi tendono ad eguagliarsi.

In Italia


I valori di mortalità più alti si registrano nell'Italia del Nord, quelli più bassi nell'Italia del Centro e del Sud, con una differenza che era molto elevata agli inizi degli anni '70, ma è andata riducendosi gradualmente, fino a minimizzarsi all'inizio degli anni '90.
L'Istat nel 1994 ha effettuato una indagine particolareggiata sulle condizioni di salute della popolazione, valutando anche la diffusione delle malattie cardiovascolari (ipertensione arteriosa, infarto del miocardio, angina pectoris, ecc.). Le percentuali più elevate di persone con infarto del miocardio si hanno in Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Umbria (tutte con 2,1%). La percentuale più bassa, invece, spetta alla Puglia (con 0,7%).
Per quanto riguarda l'angina pectoris la percentuale più alta è stata registrata nelle Marche (1,8%), quella più bassa a Trento, in Campania e in Basilicata (0,6%). Per tutti gli altri disturbi del cuore, la percentuale più alta si trova in Umbria (5,0%) e quella più bassa in Puglia (2,5%). In media, nel 1994 "soffrivano di cuore".

In Europa


Il cuore dell'Europa potrebbe battere molto meglio, soprattutto se si modificassero alcune abitudini alimentari e non (troppi cibi grassi, poco sport, poca frutta e verdura, poche fibre, troppo stress, ecc.). Questo è quanto hanno affermato numerosi esperti durante la conferenza Winning Hearth, organizzata il 14 febbraio scorso a Bruxelles dallo European Heart Network in associazione con la Società Europea di Cardiologia (ESC) e la Comunità Europea.
In particolare, secondo dati pubblicati di recente dalla British Heart Foundation, circa quattro milioni di persone muoiono ogni anno a causa delle malattie cardiovascolari, che quindi sono all'origine di circa la metà delle morti in Europa. In Germania, per esempio, ogni anno l'1% dei cittadini si presenta dal proprio medico accusando attacchi di angina pectoris; ciò che più spaventa, però, è che dopo un anno il 10% di queste persone muore o ha un infarto non fatale.

Le tendenze per il futuro

I numeri, quindi, parlano da soli: le malattie a carico dell'apparato cardiovascolare hanno un forte impatto sociale. A parziale consolazione, comunque, va sottolineato che la situazione sta migliorando. Secondo i dati Istat (Mortalità in Italia nel periodo 1970-1992. Evoluzione e Geografia). Il numero di decessi per queste malattie, infatti, è in costante diminuzione in entrambi i sessi già dalla metà degli anni '70, con una riduzione complessiva di quasi il 50% per le donne (si è passati, infatti, da un tasso di 24.1 per diecimila abitanti nel 1970, ad un tasso di 13.2 nel 1992), mentre per gli uomini la riduzione è stata di oltre un terzo (passando da un tasso di 33.1 per diecimila abitanti, ad un tasso di 20.9).
Però, se il numero dei decessi per malattie cardiache è in netta riduzione, aumentano invece i soggetti con complicazioni, per esempio post-infarto, che necessitano di continui controlli, cure e trattamenti. Infatti, l'intervento (anche se immediato ed efficace) nella maggior parte dei casi non elimina completamente il rischio di eventuali ricadute. Come ricorda Lars Ryden, presidente della ESC (Società Europea di Cardiologia), infatti, l'unico mezzo per contrastare effettivamente il problema è la prevenzione.

Annapaola Medina



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