A proposito di statina prodigio

12 aprile 2006
Aggiornamenti e focus

A proposito di statina prodigio



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Uno degli scoop in campo medico degli ultimi tempi ha visto al centro la capacità di una statina, la rosuvastatina, di determinare la riduzione della placca aterosclerotica, vale a dire della lesione (ateroma) che restringe il lume delle arterie, qui si tratta delle coronarie. La notizia era ghiotta e, di fatto, in tutto il mondo sono state fornite anticipazioni sui risultati, ampiamente riprese dalla stampa, anche in Italia e anche da Dica33. Non senza qualche critica, come nel caso delle dichiarazioni di Claudio Cricelli, segretario nazionale della Società Italiana di Medicina Generale che ha dichiarato "Anche questa volta la presentazione di uno studio diviene il pretesto per affermazioni che ingenerano nelle persone aspettative devianti e irrealistiche, collegando peraltro a un solo farmaco effetti che sono in realtà di classe e comunque da riferirsi a contesti e situazioni cliniche particolari che il pubblico non è in grado di valutare. Queste uscite mediatiche non rappresentano un buon modello di informazione e sarebbe opportuno che sia le Associazioni dei produttori che le Associazioni mediche, oltre naturalmente all'autorità sanitaria, contribuissero a contenerle".

Lo studio conferma il risultato...


Ora lo studio è stato pubblicato da JAMA, accompagnato da un commento. Il commento in questione riconosce che lo studio Asteroid (così è stato battezzato) ha dato risultati importanti, sia per l'effetto ottenuto sia perché si è usata una metodica, l'ecografia intravascolare, che a differenza delle coronarografie standard dà una misura più esatta delle dimensioni dell'ateroma. Effettivamente, l'uso del farmaco al massimo dosaggio ammesso ha determinato una piccola regressione dell'ateroma dopo due anni di somministrazione. Però, si osserva nel commento, nello studio non vi era un gruppo di controllo trattato con un altro farmaco, o con dosaggi inferiori, rispetto al quale valutare l'efficacia del trattamento. Gli autori della ricerca hanno sostenuto che, trattandosi di pazienti ad alto rischio, non sarebbe stato giusto avviarne una parte a un trattamento meno aggressivo. Ma sul fatto che si trattasse di pazienti ad alto rischio, chi ha scritto il commento non concorda. La conseguenza, prosegue il commento, è che non è possibile dire se la regressione dell'aterosclerosi avrebbe potuto essere ottenuta anche con una riduzione meno forte del "colesterolo cattivo" cioè le LDL, ottenibile anche con altri dosaggi e con altri farmaci.

...e il commento lo mette in prospettiva


C'è poi un'altra obiezione. Il fine ultimo di qualsiasi terapia è ridurre morte e malattia, e le statine, tutte, questo lo hanno dimostrato, ma non è detto che questo effetto sia dovuto alla riduzione della placca piuttosto che alla sua stabilizzazione. Infatti, la presenza della placca - è ovvio - rende più difficile il passaggio del sangue, situazione che è la causa dell'angina, ma l'infarto vero e proprio si ha quando si producono trombi dovuti a fenomeni di rottura della placca stessa. Dal punto di vista del paziente, si potrebbe obiettare, è poco importante quale sia il meccanismo che entra in azione (riduzione della placca o stabilizzazione), l'importante è non avere l'infarto. Resta il fatto che gli studi proseguono, e che l'Asteroid ha aperto una nuova opportunità di ricerca, cioè stabilire se la riduzione della placca porti effettivamente a un numero inferiore di infarti, se la riduzione stessa della placca si abbia soltanto con la forte riduzione del colesterolo cattivo che la rosuvastatina ha dimostrato, vedere se altri trattamenti che hanno la possibilità di ridurre la placca hanno altrettanta capacità di ridurre gli infarti. Infatti, c'è anche una sostanza frutto della ricerca italiana, del professor Cesare Sirtori dell'Università di Milano, che attualmente sta dimostrando, nel modello animale, analoghe capacità: si tratta dell'Apolipoproteina A1 Milano. E' una lipoproteina prodotta fisiologicamente in alcuni individui, ma non in tutti, che mostrato proprietà protettive dall'infarto. E' una fortuna, dunque, che vi siano molte ricerche in atto, ed è giusto anche divulgarle in tempo reale: sta al lettore, peraltro, tenere presente che l'ultimo risultato non cancella i precedenti e, comunque, la scelta, sia pure concordata, spetta al medico.

Maurizio Imperiali



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