Infanzia integrata

12 ottobre 2007
Aggiornamenti e focus

Infanzia integrata



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L'America è sempre più copiata anche in campo alimentare e questo preoccupa nel nostro e in altri paesi soprattutto riguardo ad adolescenti e giovani, pur avendo in passato trasmesso immagini salutari come quella dei ragazzi che bevono sempre latte. Ma anche questa sana abitudine yankee sembra oggi in crisi, mentre bambini e adolescenti hanno un'alimentazione sempre più ricca di integratori e supplementi, vitamine e minerali e altro, una tendenza opinabile che rischia di essere presa a modello: le raccomandazioni dei pediatri, statunitensi e non solo, sono infatti di garantire i nutrienti principalmente con la dieta limitando la supplementazione a situazioni specifiche a rischio di carenze, per fattori legati al soggetto o al contesto in cui vive o ambientali (tipo mancanza di fluoro). D'altra parte negli Stati Uniti il 57% delle donne e il 47% degli uomini assume supplementi alimentari, come è risultato dall'indagine nazionale sulla salute e la nutrizione NHANES del 199-2000. Partendo dallo stesso monitoraggio, un'analisi dei dati appena pubblicata relativa a bambini e teenager rivela che ben un terzo della popolazione sotto i 18 anni consuma regolarmente integrazioni dietetiche: un riscontro che deve far pensare.

Un adolescente su tre


Essendo i dati sulla supplementazione alimentare in bambini e adolescenti americani più limitati che per gli adulti, si è voluto verificare se rispecchiassero la tendenza in crescita tra questi ultimi, combinando i dati del 1999-2000 e del 2001-2002, per un totale di oltre 10mila under 18. Le ultime informazioni disponibili erano quelle del periodo 1988-1994 in cui era emerso un uso elevato di aggiunte vitaminiche e minerali, maggiore per i bambini sotto i 5 anni e minore per i 12-19enni. Per venire subito ai risultati della nuova indagine, il primo complessivo è appunto che il 31,8% aveva consumato nel mese precedente supplementi dietetici, con un crescendo dal 12% dei piccoli sotto un anno d'età al 38,4% di quelli di 1-3 anni e al 40,6% dai 4 agli 8 anni, contro un calo al 29% tra i 9 e i 13 anni e una lieve discesa al 25,7% tra i teenager di 14-18 anni. Quanto ai tipi di integratori, i più frequenti erano preparati multivitaminici e multiminerali (18,3%), seguiti a distanza da singole vitamine, singoli sali minerali, supplementi di origine vegetale quali bioflavonoidi di agrumi, ginseng, echinacea, ginkgo biloba ed estratti di vinaccioli; i primi consumo risultavano acido ascorbico, retinolo, vitamina D, calcio e ferro. L'assunzione avveniva con regolarità, per più di metà dei soggetti tutti i giorni del mese e per il 60% al limite tutti i mesi; nell'84% dei casi con un solo tipo di supplementazione, nel 12% con due e nei restanti con tre o più. Interessante il profilo sociologico: il ricorso alla supplementazione, più comune tra bianchi non latini e messicano-americani e meno tra i neri, risultava associato all'appartenenza a famiglie di reddito più elevato, senza fumatori, con ragazzi dall'indice di massa corporea (Bmi) inferiore e che trascorrevano meno ore davanti alla TV, al computer e ai videogame.

Poco latte e troppi derivati grassi


Da notare che i bambini sottopeso o a rischio di diventarlo erano quelli in cui era più probabile la supplementazione, nella convinzione dei genitori che facesse loro bene o perché in famiglie con stili di vita più salubri e meno sedentari: una conferma, sottolinea il commento, che l'integrazione dietetica dei figli si basa più sulle percezioni e gli orientamenti in fatto di salute di madri e padri. Nei bambini piccoli di 1-3 anni, si precisa, c'è stato comunque un declino della supplementazione rispetto al NHANES del 1070 (quasi il 50%), in parte per la revisione del 1980 degli alimenti-formula ora fortificati con ferro, vitamina D e altri nutrienti. L'influsso parentale cala poi con l'adolescenza e conta molto il contesto di vita, essendo l'integrazione più diffusa nelle famiglie benestanti e con migliore lifestyle, così come era già risultato per gli adulti. Un discorso particolare merita la vitamina D, per la quale contro il rischio rachitismo che tuttora preoccupa l'Accademia dei pediatri americani raccomanda la supplementazione nei neonati nutriti al seno o con meno di mezzo litro al giorno di latte fortificato, e in bambini-adolescenti che sono poco esposti al sole e bevono poco latte. Raccomandazioni opportune: una nuova ricerca indica che il consumo di latte dei bambini americani è corretto solo a 1-3 anni (due tazze al giorno), inferiore a due tazze a 4-8 anni (invece di due-tre), stabile a 9-13 anni e sceso ancora a 14-18 (al posto di tre-quattro tazze a 9-18 anni). E si lascia che i ragazzi si rimpinzino di gelati, creme e formaggi grassi, mentre sono da consigliare, ricordano gli autori, yogurt magri, sorbetti e latti aromatizzati con pochi zuccheri e grassi: latte e derivati sono infatti la fonte migliore di calcio, con la biodisponibilità maggiore dell'elemento, superiore a quella per esempio del latte di soia o di un succo d'arancia fortificato.

Elettra Vecchia



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