Verso un cibo intelligente

27 maggio 2005
Aggiornamenti e focus

Verso un cibo intelligente



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E se il cibo facesse anche da medicina? L'ipotesi non è lontana dalla realtà visto che, come dice un professore emerito del calibro di Marcel Roberfroid, in qualche modo il padre della prebiotica, "un buon sistema alimentare deve avere come obiettivo anche quello di assicurare a tutti il massimo benessere riducendo al minimo il rischio di incorrere in una malattia e ciò lungo tutto l'arco della vita". E in alcuni casi, come l'acido folico per i difetti del tubo neurale nel nascituro o gli acidi grassi polinsaturi per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, il ruolo di certi nutrienti nella promozione della salute è documentato. Ma chi garantisce il consumatore? Dell'annoso problema si è parlato a Milano nel corso della conferenza stampa di presentazione del primo marchio che garantisce la presenza nel cibo di un "ingrediente intelligente".

Il cibo del futuro


Intelligente cioè? A scanso di equivoci non si tratta di intavolare dotte disquisizioni con le pietanze, quanto di nutrirsi con alimenti che apportino benefici misurabili per la salute e da introdurre con la normale alimentazione. Secondo i fautori di un'alimentazione "arricchita" il cibo funzionale risponde in modo specifico ai bisogni delle diverse fasce d'età, così se i batteri probiotici alleviano la diarrea nei neonati, i fitoestrogeni hanno come target la donna e la prevenzione del tumore al seno. Non solo. Prevenendo le malattie con il cibo si acquistano meno farmaci e si genera un meccanismo indiretto di risparmio sanitario. E gli Stati Uniti sono all'avanguardia in questo senso, visto che sono stati i primi ad approvare l'aggiunta dell'acido folico nel pane e nei suoi derivati e che l'American Dietetic Association (ADA) caldeggia l'introduzione dei cibi intelligenti nella dieta comune. Si tratta come spiegato da Roberfroid, presente alla conferenza, di "migliorare la qualità e la quantità della microflora intestinale, è una strategia vincente nei confronti della prevenzione di diverse malattie". Il marchio Beneo, questo il nome del marchio presentato, garantisce proprio questo. Ma qual è il meccanismo d'azione?

A che cosa serve Beneo


Per cominciare Beneo è un marchio ma è anche un ingrediente. Con questo nome cioè si configura il contenuto in inulina e oligofruttosio, due zuccheri che attraversano il sistema digestivo senza essere assorbiti e modificati. Tre i meccanismi principali. Innanzitutto il cosiddetto effetto fibra, ossia il miglioramento del transito intestinale. Da una parte favoriscono il regolare svuotamento dell'alvo, dall'altra hanno un minor effetto irritante sulla parete. In più sono sostanze probiotiche, ovvero facilitano la crescita e la moltiplicazione nell'intestino dei batteri buoni o probiotici, che si chiamano bifidobatteri e lactobacilli. Questi a loro volta generano effetti a cascata su tutto l'organismo: dal rafforzamento del sistema immunitario alla sintesi di alcune vitamine. Infine, ultima delle azioni positive, inulina e oligofruttosio aumentano l'assorbimento del calcio, contribuendo, per esempio, a evitare l'insorgenza di osteoporosi una volta raggiunta la mezza età. A suggellare tutto questo esiste un comitato scientifico indipendente, presieduto da Roberfroid, che dà le garanzie scientifiche del caso e che auspica di favorire l'educazione alimentare del grande pubblico nonché lo sviluppo di ulteriori ricerche. Un dettaglio da non sottovalutare, infine, riguarda il contenuto di inulina e oligofruttosio, che deve essere di almeno due grammi per garantire un minimo di efficacia. Ora la palla passa ai consumatori che, al bando ogni pigrizia nella lettura delle etichette, possono trovare il fantomatico marchio su scatole di yogurt, prodotti da forno o integratori alimentari. E iniziare a mangiare, si spera, con la testa oltreché con il palato.

Marco Malagutti



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