La salute è un debito formativo

22 giugno 2007
Aggiornamenti e focus

La salute è un debito formativo



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Ridurre i fattori di rischio cardiovascolari sta diventando un imperativo anche quando si tratta di giovanissimi. E’ una necessità più avvertita negli Stati Uniti, d’accordo, ma anche in Europa c‘è poco da stare allegri visto che obesità e sedentarietà stanno diventando epidemici, così come il diabete di Tipo 2. Ed è negli Stati Uniti che si è cominciato da tempo a condurre studi di intervento volti a ridurre questi fattori di rischio in età pediatrica. Diverse le modalità e gli ambienti coinvolti (famiglia, scuola, luoghi di aggregazione). Uno, recentissimo, ha proprio valutato l’effetto di un particolare programma da svolgere nelle lezioni di educazione fisica, volto a favorire la fitness cardiovascolare. Lezioni centrate sull’alimentazione corretta, ma soprattutto su come massimizzare l’attività fisica e, naturalmente, non si trattava solo di teoria.

Tre parametri misurabili


Il programma si basava su tre parametri importanti: l’insulinemia a digiuno, la percentuale di grasso corporeo e il massimo consumo di ossigeno. Il primo dato è fondamentale per valutare se vi è resistenza insulinica, che è l’anticamera del diabete Tipo 2; il secondo, ovviamente, è il modo più preciso per determinare, attraverso la DXA, l’eventuale obesità e il terzo, infine, rende conto della capacità di esercizio di una persona. Su una cinquantina di ragazzi delle medie (età media 12 anni), la metà partecipava a questo programma sperimentale per tutta la durata dell’anno scolastico (i canonici 9 mesi)
Alla fine del periodo di intervento, gli scolari erano migliorati sotto tutti gli aspetti: fitness cardiovascolare, percentuale di massa grassa e livelli di insulina a digiuno. Quindi il sistema funzionava. Il punto, però, era vedere che cosa sarebbe successo durante i tre mesi delle vacanze estive. E qui, invece, la musica cambiava bruscamente. Ripetuti i test a settembre, giusto alla ripresa delle lezioni, nel campione si notava una diminuzione del massimo consumo di ossigeno (ridotto in media 3,2 mL per chilo di peso al minuto), un aumento dell’insulinemia a digiuno di 6 mUI per millilitro, e un aumento della massa grassa dell’1,3% e trattandosi di bambini già soprappeso-obesi, non è poco. In pratica, tutti erano tornati ai livelli misurati prima del programma speciale.

Vacanze nefaste


Che cosa cambia nei tre mesi estivi è presto detto: il giovane ritorna per tutto il giorno in situazioni in cui ha facile accesso a cibi ipocalorici, nelle quali non ci si preoccupa di spingere per una maggiore attività fisica. La cosa frustrante è che invece l’intervento scolastico ha una sua efficacia dimostrata a fronte comunque di un impegno organizzativo che presenta dei costi (soltanto in Italia si ritiene che esistano riforme a costo zero, in particolare nella scuola) e, quindi, viene da chiedersi quale costrutto ci sia a fare investimenti per poi vedere i risultati azzerati dalla scarsa collaborazione da parte dei genitori. E’ vero che nello studio si era appositamente evitato di includere nel programma anche indicazioni su come comportarsi durante le vacanze, ma sul funzionamento di indicazioni che fanno appello solamente alla buona volontà è lecito dubitare (si vedano i risultati in tema abbandono del fumo). Occorrerebbero programmi estivi, facilità di accesso a strutture ricreative diverse dal giardinetto da condividere con i pit bull e altro.
Però la posta in gioco è alta, molto più di quando si discute del rimborso di un nuovo farmaco o dell’accesso a una procedura diagnostica sofisticata. Qui si tratta di determinare il destino biologico di una persona: sviluppare un diabete tipo 2 in età scolare significa viaggiare a tutta velocità verso le malattie cardiovascolari da adulti. In questo senso, progetti come quello del ministero della Salute italiano (Guadagnare in salute) sono sacrosanti. Ma non funzionano a costo zero.

Maurizio Imperiali



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