Col tempo non passa

14 marzo 2008
Aggiornamenti e focus, Speciale Depressione

Col tempo non passa



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Molti studi hanno stabilito, da molto tempo, una maggiore diffusione della depressione maggiore nella popolazione femminile, anche se molto ancora si discute delle ragioni di questa situazione. Questo rilievo, però, riguarda la popolazione adulta, e la depressione maggiore. Molto più limitate sono le ricerche sulla sintomatologia depressiva minore e sulla popolazione anziana, cioè oltre i 65 anni di età. Aspetto che è invece al centro di una ricerca condotta negli Stati Uniti su un gruppo di circa 750 anziani che vivevano a casa propria e capaci di provvedere a se stessi. In maggioranza si trattava di donne, i due terzi circa, il livello di istruzione era medio-alto, non presentavano deficit cognitivi, il che escludeva il possibile intreccio tra demenza e aspetti depressivi, ma soffrivano di due malattie croniche. La ricerca prevedeva di seguire il campione per un periodo molto lungo, sei anni, con valutazioni ogni 18 mesi. Lo scopo era stabilire quanti mostravano i sintomi al momento di ciascun esame, ma anche quanti rimanevano tali e quanti invece lo diventavano oppure guarivano dal disturbo.

Più malate e più a lungo


Con questo dato sarebbe poi stato possibile capire se la maggior prevalenza tra le donne andava attribuita alla maggiore frequenza con cui si presentava il primo episodio o le ricadute, oppure se era dovuto al fatto che il disturbo si riproduceva più a lungo o, infine, se era una questione di mortalità. In altre parole, stabilire se lo svantaggio era dovuto al fatto che, vivendo più a lungo le donne, restavano meno uomini depressi a controbilanciare il dato.
In effetti lo studio ha mostrato che la prevalenza era maggiore tra le donne in tutte e cinque le valutazioni, il che era un risultato atteso, ma le donne avevano anche una possibilità nettamente inferiore di uscire dalla depressione (il 78% in meno) e, di converso, avevano una possibilità più che doppia di sviluppare i sintomi ex novo. Infine resta il capitolo della mortalità: anche qui la possibilità che una donna depressa morisse nel periodo di osservazione era un quarto rispetto agli uomini nella medesima condizione. Una differenza, per inciso, che va ben al di là della differenza che ci si potrebbe aspettare dall'effetto della diversa sopravvivenza complessiva tra i due sessi. Quindi, anche in questa fascia della popolazione, pur con i limiti imposti dalle dimensioni del campione, le donne sembrano più esposte alla depressione, e con una ben maggiore possibilità che questa duri nel tempo. Certamente non si risolve la questione del perché questo si verifichi, e del perché, malgrado le donne siano più spesso trattate farmacologicamente per i disturbi depressivi, le guarigioni siano tanto più difficili. E in assenza di altri studi dedicati alle cause, resta comunque l'indicazione pratica di non trascurare questi sintomi nelle donne anziane, e di non interrompere i trattamenti.

Maurizio Imperiali



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