Invecchiare non è una malattia

15 novembre 2006
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Invecchiare non è una malattia



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Se l'Europa invecchia, l'Italia lo fa ancora più velocemente. Del resto lo dicono chiaramente i dati Istat appena pubblicati. In Italia, nel 2050, ben il 27% di cittadini sarà di età compresa tra i 60 e i 79 anni e gli ultra 80enni raggiungeranno il 14% mentre i giovani al di sotto dei 20 anni rappresenteranno solo il 20% della popolazione italiana. All'interno di un simile contesto sociale appare quanto mai opportuno il Forum "La Terza Economia. Idee e proposte per valorizzare una popolazione che invecchia" presentato a Milano, che si svolgerà a Stresa il 24-25 novembre prossimi e organizzato da Ambrosetti - The European House, insieme alla Fondazione Socialità e Ricerche onlus. Valorizzare, perché come ha spiegato Marco Trabucchi, geriatra e Presidente della Fondazione, non si può continuare a considerare la popolazione anziana come un nucleo indistinto che nel suo complesso rappresenta un peso sociale. Un atteggiamento che finisce per generare pessimismo e senso di crisi e che diventa deleterio per l'anziano stesso che, in qualche modo, si sente sfruttatore. Gli anziani, al contrario, devono diventare produttori di ricchezza e permettere di "mantenere" quella piccola percentuale di anziani, oggettivamente fragili, che hanno bisogno di sostegno. Possibile? A giudicare dai risultati di un'indagine, presentata nel corso della conferenza stampa milanese e condotta dall'IRPPS in collaborazione con Ambrosetti, sembrerebbe di sì.

La qualità di vita


L'obiettivo dell'indagine, condotta in 6 città italiane (Lecce, Mantova, Milano, Palermo, Roma e Teramo), è stato quello di comprendere quali siano attualmente le condizioni generali e la qualità di vita dell'anziano, quali servizi e attività risultino più apprezzate e quali siano i presupposti perché la città già oggi possono essere considerate o meno "a misura di anziano". E i risultati sono in assoluta controtendenza. Il campione intervistato, infatti, 700 cittadini oltre i 65 anni di età che non svolgono attività lavorative, esprime una percezione della propria felicità pari a 7 su 10, anche se i maschi risultano più felici e ancora più felici sono i soggetti istruiti. Gli over 65 si sentono bene e nell'80% dei casi sono in grado di provvedere autonomamente alle proprie necessità quotidiane. Il 66% degli intervistati vive in famiglia e la quasi totalità di chi vive in famiglia si dichiara soddisfatto, anche perché l'alternativa è la solitudine. E il tempo libero? Le attività più frequentemente svolte dagli anziani sono quelle tra le mura domestiche (78%), mentre pochi si dedicano al volontariato, solo il 9%. In realtà gli over 65 hanno mediamente una scarsa conoscenza dei servizi offerti dalle città per gli anziani. Ed è un peccato, perché chi li conosce è portato ad apprezzarli e utilizzarli. Occorrerebbe, perciò, una migliore comunicazione da parte delle amministrazioni locali sull'argomento. I cambiamenti socio-demografici avvenuti negli ultimi 50 anni sono una realtà assodata, sarebbe opportuno, perciò, superare la denuncia delle problematiche demografiche ed epidemiologiche e uscire dal pessimismo a oltranza, per delineare nuovi scenari in cui l'anziano diventi parte attiva. Questa l'ambiziosa prospettiva del Forum Terza Economia perché, citando Trabucchi, "La domanda non è se invecchiare sia una malattia, ma se la città è in grado di accogliere e dare un nome alle persone che invecchiano; solo così il tempo non diventa il segnapassi della decadenza".

Marco Malagutti



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