Quando ricorrere al farmaco

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Quando ricorrere al farmaco



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I bambini non sono, e non devono essere considerati, dei "piccoli adulti", anche se possono manifestare patologie comuni agli adulti il loro organismo non è ancora in grado di tollerare tutti i medicinali. Per questi motivi la maggior parte dei farmaci, anche da banco (acquistabili senza ricetta), sono controindicati nei bambini al di sotto dei 12 anni ed esistono farmaci appositamente formulati per uso pediatrico, cioè con dosaggi ridotti rispetto a quelli assunti dagli adulti. Come capire quando bisogna intervenire tempestivamente e quando, invece, i farmaci possono risultare inutili se non dannosi? Molti studi scientifici si occupano di questo tema perché, evitare cure non necessarie, significa rispettare il normale sviluppo fisiologico del bambino e, anche, contenere la spesa sanitaria.

La Cochrane Collaboration è un'organizzazione internazionale che si occupa di revisionare sistematicamente gli studi scientifici pubblicati in tutte le aree della medicina. Scopo di queste revisioni (metanalisi), che vengono poi pubblicate nella raccolta elettronica Cochrane Library, è proprio valutare l'efficacia ultima delle cure mediche fornite, in termini di rapporto tra costi e benefici. Per costi s'intendono non solo quelli economici ma anche quelli fisici, vale a dire gli effetti collaterali subiti dal paziente; come benefici si valutano quelli immediati ma anche quelli a lungo termine, si cerca d'indagare, cioè, se l'effetto della terapia si mantiene nel tempo, una volta terminata la cura. Di seguito viene riportata una sintesi degli argomenti di pertinenza pediatrica recensiti negli ultimi due anni.

Otite media acuta


L'otite media acuta è una delle malattie più comuni nei bambini, la percentuale d'utilizzo di antibiotici in questi casi oscilla dal 31% in Olanda al 98% negli Stati Uniti e in Australia. Dal confronto dei risultati di 7 studi, randomizzati e controllati verso placebo, per un totale di 2200 bambini, sono emerse le seguenti conclusioni: non si ha riduzione del dolore nelle prime 24 ore, nei successivi 2-7 giorni il dolore diminuisce nel 28% dei pazienti in terapia antibiotica, ma l'80% dei bambini migliora spontaneamente, quindi all'antibiotico si può attribuire solo un 5% di reali guarigioni. Superata la fase acuta, la terapia antibiotica non sembra avere efficacia preventiva nei confronti di eventuali problemi di udito, ricadute o complicazioni. Considerando i notevoli effetti collaterali, il trattamento con antibiotici risulta poco appropriati nei casi di otite media acuta dei bambini.
Quando l'otite media è complicata dalla presenza di essudato nei condotti uditivi, è maggiore il rischio di danni all'udito e conseguenti difficoltà di linguaggio del bambino. In questi casi la cura prevede antibiotici, o antistaminici o decongestionanti, cui spesso si associano cortisonici per ridurre i tempi di degenza in ospedale e prevenire la perdita dell'udito. Tuttavia, negli studi analizzati, non c'erano dati a lungo termine che potessero confermare l'efficacia dei cortisonici nel preservare le funzioni uditive, perciò la loro effettiva utilità rimane limitata all'accorciamento dei tempi di guarigione.

Difficoltà respiratorie


Nella primissima infanzia si possono verificare episodi di "affanno" o respiro soffocato, soprattutto in concomitanza con infezioni virali delle prime vie aeree. I genitori, in questi casi, tendono ad intervenire prontamente con uno spray anticolinergico, un farmaco in grado di causare broncodilatazione e, quindi, di facilitare la respirazione. La metanalisi ha considerato 6 studi, per un totale di 321 bambini al di sotto dei 2 anni, nei quali si valutava l'efficacia dell'ipratropio bromuro (l'anticolinergico), da solo o associato a un b2 agonista (un altro broncodilatatore), verso placebo o verso un b2 agonista da solo. Questi i risultati più significativi: l'associazione dei 2 farmaci ha dimostrato una minor necessità di trattamenti successivi, ma nessun vantaggio nei confronti degli altri parametri respiratori misurati nei reparti d'emergenza, rispetto all'uso del b2 da solo. Per quanto riguarda la durata del ricovero ospedaliero non ci sono differenze tra ipratropio e placebo, né tra ipratropio più anti b2 e b2 da solo. L'associazione dei 2 farmaci mostra però una migliore risposta nelle prime 24 ore nei confronti del placebo. In conclusione non ci sono evidenze che giustifichino l'intervento domestico con anticolinergici, meglio rivolgersi al pronto soccorso.

Depressione

Ecco una malattia che negli adulti necessita di un trattamento farmacologico, trattamento che nei bambini e negli adolescenti non sembra, invece, sortire i benefici sperati. Sono stati revisionati 12 studi, per un totale di 324 bambini dai 6 ai 18 anni, nei quali si confrontava l'efficacia degli antidepressivi classici, i farmaci triciclici, verso placebo. Complessivamente la terapia con triciclici non ha evidenziato alcun beneficio, suddividendo i pazienti in 2 sottogruppi, si è visto che: prima della pubertà il farmaco è assolutamente inefficace, dopo la pubertà, invece, induce una modesta riduzione dei sintomi depressivi. A fronte di questi dati, però, compaiono gli effetti collaterali tipici dei farmaci triciclici: vertigini, ipotensione ortostatica e secchezza del cavo orale. In conclusione, quindi, le forme depressive dei bambini non rispondono al trattamento con i farmaci triciclici e vanno quindi affrontate con approcci terapeutici differenti.

Asma

L'asma è forse una delle malattie che più preoccupano i genitori: gli attacchi acuti possono essere molto pericolosi e si manifestano all'improvviso. In questi casi, però, i bambini si curano esattamente come gli adulti: con farmaci b2 agonisti (broncodilatatori) e cortisonici (potenti antinfiammatori), naturalmente a dosi più basse. Una prima revisione di 8 studi, effettuati su bambini dai 18 mesi ai 17 anni, ha confermato l'efficacia dei b2 agonisti in tutti i casi di asma, suggerendo l'associazione con un anticolinergico solo per i bambini in età scolare, affetti da esacerbazioni (crisi sempre più intense) ricorrenti.
Un'altra metanalisi ha voluto indagare gli effetti dei cortisonici sulla crescita: si sa che questi farmaci presentano diversi effetti collaterali, tra cui quello di ritardare la crescita, ma anche l'asma incide negativamente sullo sviluppo dei bambini che ne sono affetti, quindi? Sono stati revisionati 3 studi, della durata di 7-12 mesi, nei quali i bambini assumevano beclometasone aerosol 2 volte al giorno, o placebo o farmaci non steroidei. Effettivamente i bambini in terapia con beclometasone sono cresciuti in media 1,54 cm in meno dei loro coetanei, non è stato possibile chiarire se questo ritardo si mantiene nel tempo o cessa con la sospensione della terapia. Gli autori consigliano che l'uso di cortisonici nei bambini venga limitato ai casi di effettiva necessità e al minimo dosaggio efficace.

Rinosinusite

La rinosinusite, caratterizzata da abbondante secrezione di muco dal naso, è piuttosto frequente nei bambini: è dovuta all'infiammazione delle mucose, a causa di allergie o infezioni. Generalmente accompagna il comune raffreddore e si risolve spontaneamente nel giro di 10 giorni, talvolta, invece, persiste per alcune settimane. Per stabilire quale fosse la terapia più idonea nei casi di rinosinusite persistente sono stati rivisti 5 studi, per un totale di 401 bambini, che prendevano in considerazione: antibiotici, decongestionanti, soluzione fisiologica e placebo. È risultato che 10 giorni di trattamento con antibiotici sono in grado di ridurre i sintomi della malattia, ma solo temporaneamente, non garantiscono, infatti, dalla possibilità di recidive in tempi successivi. L'eventuale terapia antibiotica andrebbe quindi valutata tenendo conto degli effetti collaterali, nonché della possibilità d'insorgenza di ceppi resistenti, in caso di terapie ripetute con lo stesso farmaco.

Mal di schiena

I dolori alla schiena, frequenti ma non preoccupanti negli adulti, non andrebbero mai sottovalutati quando si presentano nei bambini. Secondo uno studio, riportato nel Dicembre 1999 dal sito internet degli Istituti Clinici di Perfezionamento (di cui fanno parte l'Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi, le cliniche De Marchi e Mangiagalli, il Regina Elena), circa un terzo dei casi di mal di schiena nei bambini è causato da gravi problemi alle ossa. Ad una prima indagine radiologica (con i raggi X) su 69 bambini, si evidenziavano lesioni solo nell'8% dei soggetti, ma utilizzando una tecnica più sofisticata, la SPECT (tomografia con singola emissione di fotoni), le lesioni risultavano presenti in 21 bambini (circa il 30%). La maggior sensibilità della SPECT ha permesso diagnosi più precoci e, soprattutto, ha evidenziato una fondamentale differenza tra adulti e bambini. Negli adulti, infatti, il mal di schiena è, nella maggior parte dei casi, di origine muscolare; nei bambini, invece, può essere la spia di infezioni dei dischi vertebrali, di microfratture della spina dorsale (specie negli atleti adolescenti), o addirittura di tumore osseo. In conclusione lo studio non deve allarmare: le patologie ossee sono comunque molto rare nei bambini, ma altrettanto insolito si deve considerare il fatto che un bambino lamenti dolori alla schiena per lunghi periodi di tempo.

Elisa Lucchesini



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