03 febbraio 2022
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Farmaco anti-Alzheimer, intervista a Luca Pani
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Ludovico Baldessin per Doctor33 intervista Luca Pani, ex direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa, oggi docente alla University of Miami negli States e a Modena in Italia, sul nuovo farmaco anti-Alzheimer.
Il via libera dell'Fda al farmaco contro l'Alzheimer aducanumab, arrivato dopo vent'anni di fallimenti della ricerca in questo campo, aumenta le speranze di milioni di pazienti in tutto il mondo, finora frustrate da centinaia di stop a terapie considerate promettenti. Secondo la Fda, l'ente americano, che comunque ha chiesto un nuovo test clinico, la nuova terapia ha le potenzialità per rallentare il decorso della malattia.
Una decisione controversa visto l'opposizione della commissione indipendente di esperti dell'agenzia e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i pazienti ma "giusta e coraggiosa" secondo Luca Pani. L'approvazione concessa dalla Fda "è significativa per molti motivi. È la prima terapia approvata per questa malattia diretta contro le placche di beta-amiloide cerebrale, ovvero uno dei meccanismi che si pensano causare la malattia. Un'altra considerazione degna di nota è il fatto che la Fda abbia scelto di utilizzare un percorso di approvazione accelerato, grazie al quale un farmaco può essere approvato per una malattia grave o pericolosa per la vita quando dimostra un significativo beneficio terapeutico rispetto ai trattamenti esistenti, utilizzando un obiettivo surrogato di beneficio clinico che è ragionevolmente probabile prevedere, mentre restano delle incertezze sul beneficio clinico globale del farmaco che andranno chiarite durante il suo uso nei prossimi mesi" aggiunge Pani.
Con l'anticorpo monoclonale anti-Alzheimer approvato in Usa "si apre una nuova strada per i pazienti e questo trattamento è più che una speranza: è la prima terapia che potrebbe impedire lo sviluppo della malattia" ha detto all'Adnkronos Salute Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di neurologia (Sin). "È indicato per le persone che hanno caratteristiche che predispongono all'Alzheimer, parliamo di over 65 con depositi di proteina amiloide nel cervello, e un'alta probabilità di sviluppare un deficit cognitivo: in Italia è possibile stimare tra 100-300mila persone", aggiunge Tedeschi. "Il paziente dovrà essere selezionato accuratamente - avverte il presidente Sin - per una terapia mensile che necessita di una risonanza magnetica, per evitare alcuni effetti collaterali che potrebbero verificarsi a danno del sistema nervoso centrale, quindi l'anticorpo monoclonale dovrà essere somministrato sono in centri specializzati".
"Ora - ha scritto ieri su Twitter Pani - emergeranno opportunità e sfide. La prima: cosa farà Ema?". Quella Usa "non è stata una scelta facile", ribadisce Pani, "perché i dati inclusi nella presentazione dell'azienda farmaceutica che ha chiesto questa approvazione erano molto complessi e lasciavano qualche incertezza riguardo al beneficio clinico totale, tanto è vero che la comunità scientifica è stata divisa. L'opzione dell'approvazione accelerata tuttavia non era mai stata discussa dal comitato consultivo della stessa Fda. Il trattamento con questo nuovo anticorpo monoclonale ha chiaramente dimostrato in tutti gli studi di ridurre sostanzialmente le placche di beta-amiloide. Questa riduzione delle placche è probabile che si traduca in un beneficio clinico, tanto è bastato alla Fda per approvare". Alla fine, conclude l'ex Dg Aifa, "come sempre devono fare i regolatori, l'agenzia americana ha concluso che i benefici di una terapia a base di aducanumab per i pazienti con la malattia di Alzheimer superavano i rischi".
Fonte: Doctor33
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Il farmaco anti-Alzheimer
Il via libera dell'Fda al farmaco contro l'Alzheimer aducanumab, arrivato dopo vent'anni di fallimenti della ricerca in questo campo, aumenta le speranze di milioni di pazienti in tutto il mondo, finora frustrate da centinaia di stop a terapie considerate promettenti. Secondo la Fda, l'ente americano, che comunque ha chiesto un nuovo test clinico, la nuova terapia ha le potenzialità per rallentare il decorso della malattia.
Una decisione controversa visto l'opposizione della commissione indipendente di esperti dell'agenzia e di altri esperti in materia di Alzheimer secondo i quali non ci sono prove sufficienti che dimostrino che il farmaco possa davvero aiutare i pazienti ma "giusta e coraggiosa" secondo Luca Pani. L'approvazione concessa dalla Fda "è significativa per molti motivi. È la prima terapia approvata per questa malattia diretta contro le placche di beta-amiloide cerebrale, ovvero uno dei meccanismi che si pensano causare la malattia. Un'altra considerazione degna di nota è il fatto che la Fda abbia scelto di utilizzare un percorso di approvazione accelerato, grazie al quale un farmaco può essere approvato per una malattia grave o pericolosa per la vita quando dimostra un significativo beneficio terapeutico rispetto ai trattamenti esistenti, utilizzando un obiettivo surrogato di beneficio clinico che è ragionevolmente probabile prevedere, mentre restano delle incertezze sul beneficio clinico globale del farmaco che andranno chiarite durante il suo uso nei prossimi mesi" aggiunge Pani.
Con l'anticorpo monoclonale anti-Alzheimer approvato in Usa "si apre una nuova strada per i pazienti e questo trattamento è più che una speranza: è la prima terapia che potrebbe impedire lo sviluppo della malattia" ha detto all'Adnkronos Salute Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di neurologia (Sin). "È indicato per le persone che hanno caratteristiche che predispongono all'Alzheimer, parliamo di over 65 con depositi di proteina amiloide nel cervello, e un'alta probabilità di sviluppare un deficit cognitivo: in Italia è possibile stimare tra 100-300mila persone", aggiunge Tedeschi. "Il paziente dovrà essere selezionato accuratamente - avverte il presidente Sin - per una terapia mensile che necessita di una risonanza magnetica, per evitare alcuni effetti collaterali che potrebbero verificarsi a danno del sistema nervoso centrale, quindi l'anticorpo monoclonale dovrà essere somministrato sono in centri specializzati".
"Ora - ha scritto ieri su Twitter Pani - emergeranno opportunità e sfide. La prima: cosa farà Ema?". Quella Usa "non è stata una scelta facile", ribadisce Pani, "perché i dati inclusi nella presentazione dell'azienda farmaceutica che ha chiesto questa approvazione erano molto complessi e lasciavano qualche incertezza riguardo al beneficio clinico totale, tanto è vero che la comunità scientifica è stata divisa. L'opzione dell'approvazione accelerata tuttavia non era mai stata discussa dal comitato consultivo della stessa Fda. Il trattamento con questo nuovo anticorpo monoclonale ha chiaramente dimostrato in tutti gli studi di ridurre sostanzialmente le placche di beta-amiloide. Questa riduzione delle placche è probabile che si traduca in un beneficio clinico, tanto è bastato alla Fda per approvare". Alla fine, conclude l'ex Dg Aifa, "come sempre devono fare i regolatori, l'agenzia americana ha concluso che i benefici di una terapia a base di aducanumab per i pazienti con la malattia di Alzheimer superavano i rischi".
Fonte: Doctor33
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