Microbioma intestinale e alimentazione hanno un ruolo nell’insorgenza delle malattie neuroinfiammatorie

05 febbraio 2020
Aggiornamenti e focus

Microbioma intestinale e alimentazione hanno un ruolo nell’insorgenza delle malattie neuroinfiammatorie



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Secondo recenti ricerche l'alimentazione influisce sull'organismo non solo in termini di apporto di nutrienti e calorie, ma anche rispetto allo stato di infiammazione generale dell'organismo. Il cibo non è quindi un elemento "neutro", ma  può indurre effetti pro-infiammatori o antinfiammatori a carico di tutti gli organi; è inoltre provato che la neuro-infiammazione è associata all'aumento del rischio di insorgenza di malattie croniche neurodegenerative.

Gli studi suggeriscono che l'infiammazione a livello intestinale si può diffondere nell'organismo attraverso la barriera intestinale, che viene danneggiata, fino a causare uno stato di infiammazione sistemica e una conseguente risposta immune: malattie croniche neurodegenerative come sclerosi multipla, malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson hanno tutte una natura infiammatoria in comune. In questo processo gioca un ruolo chiave il microbiota intestinale.


Che cos’ è il microbiota


Il  termine microbiota intestinale indica la comunità di migliaia di specie di batteri, virus, miceti e parassiti che vivono all'interno dell'apparato digerente, colonizzando in particolare colon e intestino tenue. Il loro numero è almeno equivalente, se non superiore, a quello delle cellule che compongono l'intero organismo.

In condizioni di buona salute le famiglie di microorganismi che formano il microbiota sono in equilibrio, con una prevalenza di quelli benefici che regolano lo svolgimento di  funzioni fisiologiche e proteggono l'integrità della barriera intestinale, con effetti benefici su vari organi dell'ospite compreso il cervello. Quando invece questo meccanismo si altera,  si è in presenza di disbiosi: si riduce la biodiversità, i patogeni prevalgono sulle specie positive e si avvia una condizione pro-infiammatoria. La tendenza verso l'una o l'altra situazione dipende in larga misura dall'alimentazione e dallo stile di vita.

Quantità e qualità di cibo influenzano infatti la composizione del microbiota : la disbiosi conseguente  a una cattiva alimentazione causa infiammazione intestinale e induce la permeabilità della barriera intestinale. La propagazione dello stato infiammatorio dall'intestino al sistema nervoso centrale coinvolge però la "rottura" di due barriere biologiche: oltre a quella intestinale, anche la barriera ematoencefalica, entrambe caratterizzate dall'esistenza di strette giunzioni intercellulari.

La protratta assunzione di cibo che causa una infiammazione cronica, di basso grado, potrebbe portare a una persistente condizione di aumento della permeabilità della barriera intestinale e quindi contribuire anche alla rottura della barriera ematoencefalica, e rendere così possibile il passaggio di molecole che vanno a danneggiare il sistema nervoso centrale, contribuendo all'insorgenza di malattie neurodegenerative.


Come la dieta influenza il microbiota


Oltre che attraverso il metabolismo, il cibo ingerito influenza lo stato di salute generale condizionando la composizione del microbiota intestinale.

Secondo gli autori degli studi, i regimi alimentari possono essere schematicamente suddivisi in due tipologie: una dieta "vegetariana" di tipo mediterraneo, e la cosiddetta "western diet", ricca di grassi animali, grassi saturi, carni rosse, fritti, snacks, bibite gassate, dolciumi, zuccheri semplici, sale e cibi processati, pro-infiammatori perché contenenti additivi chimici, oltre a farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Questo tipo di dieta, inoltre, si associa spesso a uno stile di vita sedentario, con scarso apporto di fibre, abitudine al fumo e consumo di alcol.

Il regime alimentare che induce un effetto antinfiammatorio è invece ricco di fibre vegetali, prevede un limitato apporto di cereali raffinati e latticini, molta frutta e verdura, legumi, pesce, molluschi, cereali, integrali, cioccolato fondente, yogurt magro, olio extravergine di oliva.

La Western diet causa una diminuzione della diversità del microbioma e induce uno stato di disbiosi, premessa per una infiammazione intestinale che, se protratta nel tempo, danneggia l'integrità della barriera intestinale, fondamentale invece per impedire alle molecole non metabolizzate di entrare in circolo e innescare processi infiammatori. Oggi è sempre più chiaro che una barriera intestinale intatta permette di prevenire disturbi di natura autoimmune.


Quali sono i cibi protettivi?

Con l'alimentazione è possibile nutrire il microbiota così da facilitare la proliferazione dei batteri che hanno un effetto positivo, a sfavore dei batteri nocivi.

Le fibre, che non possono essere digerite, sono infatti il principale nutrimento del microbiota intestinale: la fermentazione dei carboidrati complessi contenuti nelle fibre produce gli acidi grassi a catena corta, molti utili per la salute e per migliorare la funzione epiteliale della barriera e contrastare l'infiammazione intestinale. La quantità raccomandata di assunzione di fibre dovrebbe essere di circa 25 grammi al giorno e comunque non inferiore a 15 grammi.

Altri elementi che giocano un ruolo antinfiammatorio sono in generale la restrizione calorica e inoltre:
  • i prebiotici (sostanze presenti negli alimenti di origine alimentare che non possono essere digerite e che rappresentano il nutrimento della flora batterica intestinale utile all'organismo);
  • le vitamine A, C, D, E, B12 e PP;
  • oligoelementi come zinco, selenio, magnesio.


Stefania Cifani


Riferimenti bibliografici

  • Riccio P, Rossano R "Unidegest food and gut micromiota may cooperate in the pathogenesis and neuroinflammatory disease: a matter of barriers and a proposal on the origin of organ specificity
  • Nutrients 2019,112714



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